Il “calcio moderno” miete una “nuova vittima”: Cesare Prandelli.

Un Uomo, ancora prima che un allenatore, che ha avuto la Dignità, questa sconosciuta, di dare le dimissioni non sentendosi più in grado di continuare il suo lavoro.

Premesso che sulle vere ragioni restreranno forse per sempre molti dubbi, quello che fa più rumore sono le considerazioni che il mister ha scritto nella sua lettera di addio a Firenze e probabilmente al calcio stesso:

Sono consapevole che la mia carriera di allenatore possa finire qui, ma non ho rimpianti e non voglio averne. Probabilmente questo mondo di cui ho fatto parte per tutta la mia vita, non fa più per me e non mi ci riconosco più.”

Il calcio di Prandelli era fatto di passione, di cuore. Era solo questo il motivo per cui aveva detto di sì a Firenze, in quella città che più di tutte ha segnato la sua professione di allenatore. E non solo, perchè in questa città ha anche perso la sua amata. Sono quelle cose che ti segnano per sempre.

Sono un tifoso viola, per questa città sono disposto a dare tutto” erano state le sue parole di presentazione, “quando la Fiorentina mi chiama non posso mai dire di no“.

Ma, giustamente, in quel “tutto” non era contemplato rimetterci anche la salute. Perchè a Firenze, come in gran parte delle città italiane dove il calcio fa da padrone, allenare e restare sereni è diventato un’utopia.

Basta vedere l’esempio di Rino Gattuso a Napoli, prima osannato, poi massacrato, ora di nuovo osannato. Nel calcio moderno si vuole tutto e subito, basta una partita storta e l’allenatore viene messo sulla graticola. La stessa cosa che sta succedendo a Fonseca a Roma.

Quella giallorossa è rimasta l’unica squadra ancora a giocarsi una coppa europea e si sta ancora giocando il piazzamento Champions in campionato, eppure il tecnico giallorosso è divorato dalle critiche. Tornate feroci dopo la sconfitta con il Napoli.

Certo, Prandelli ha le sue responabilità. Sono il primo a dirlo. Ma le difficoltà tecniche di questa Fiorentina, dopo tre allenatori, mi sembrano inopinabili. E forse un po’ tutti abbiamo preteso troppo da lui, come prima da Iachini e Montella. Insomma, con questa Fiorentina, soprattutto da allenatori, c’è davvero poco da divertirsi.

Già il calcio, di per sè,  per molti non è più un divertimento, come di fatto dovrebbe essere. Lo stesso Gotti, allenatore dell’Udinese, intervenuto ieri sera a Tiki Taka lo ha spiegato bene: “Volevo rimanere a fare il secondo, avevo una vita molto migliore. Certo, fare l’allenatore in prima ti dà altre soddisfazioni da un punto di vista professionale, ma ci rimetti in qualità della vita“.

E Prandelli probabilmente non ce l’ha fatta a barattare la sua vita pur per l’amata viola. Oltretutto dovendo vivere quotidianamente le critiche della stampa, pronta a sostituirlo ogni giorno con un nuovo allenatore.

Già, la stampa, i giornalisti. Gli stessi che Commisso ha attaccato più volte perchè non fanno il bene della Fiorentina. Che in parte è vero, perchè a Firenze i tifosi e una parte della stampa evidentemente pilotata da qualcuno o qualcosa, hanno la capacità di fare e disfare, di creare il bello e il cattivo tempo intorno alla Fiorentina. E ne conosco personalmente alcuni esempi che, ovviamente, eviterò di menzionare.

Un ciclone dove era entrato lo stesso Prandelli e da cui ha deciso di uscire. Come sempre ci ha abituato a fare, con la Dignità dell’Uomo libero.

Grazie Cesare!

Alessandro Mazzoni – QFR

Un pensiero su “Alessandro Mazzoni (QFR): “Le dimissioni di Prandelli una sconfitta del calcio moderno. Gli esempi di Gattuso e Fonseca.””
  1. Secondo me affiancare Prandelli a Gattuso e Fonseca non è del tutto giusta.
    Questi ultimi hanno una società alle spalle e uno staff di tutto rispetto (?) mentre Prandelli era solo con tutte le responsabilità sulle spalle nel bene (poco) e nel male (molto); quante volte i dirigenti della Viola si sono visti in TV? Solo qualche sparuta apparizione di Prade’.

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