Dopo la sfuriata del presidente Commisso contro De Ponti e il Corriere Fiorentino (LEGGI QUI), il quotidiano risponde:

Carta canta. Un pregio — almeno uno troviamoglielo — la carta stampata ce l’ha ancora: che quanto scritto, rimane. Nel bene e nel male. Così, quando Acf Fiorentina, in una nota in risposta a un commento pubblicato ieri su questo giornale, racconta che si fa quasi sempre finta di nulla quando qualcuno viene «offeso da bergamaschi», non la racconta giusta. In buona fede, s’intende, perché può anche capitare di non vedere «nessun commento, o lezione, o presa di distanza» semplicemente perché non si ha il tempo (o la voglia) di sfogliare il Corriere Fiorentino . L’avessero fatto, alla Fiorentina, avrebbero trovato articoli e titoli riferiti a tutti i casi che hanno evocato, dal Chiesa tuffatore agli insulti razzisti indirizzati a Dalbert, Vlahovic, Milenkovic (e Terracciano) e al presidente Commisso. E se avessero letto con più attenzione, avrebbero trovato «commenti, o lezioni, o prese di distanza» anche sugli insulti a Koulibaly e allo stesso Vlahovic da parte di qualche razzista avvolto in una sciarpa viola. Andando indietro nel tempo, avrebbero riletto l’intervista rilasciata da Commisso al Corriere Fiorentino , presenti il dg Joe Barone, la signora Catherine, il figlio Joseph e il responsabile della comunicazione Alessandro Ferrari. In quell’intervista il presidente Commisso dichiarò: «Al Franchi non voglio né razzismo né violenza, ma tanti bambini e donne». Frase da sottoscrivere e sostenere. Proprio per questo il tentativo di riscrittura della storia operato ieri dalla Fiorentina nel suo comunicato non può essere accettato. Da quindici anni, quindi da molto prima che un barbaro brianzolo ne diventasse direttore, questo giornale ha sempre messo al centro delle proprie cronache (sportive e non solo) il tema del razzismo, della violenza anche verbale all’interno degli stadi. Con una stella polare: ogni episodio antisportivo è da condannare. Che arrivi dalla tifoseria della Fiorentina o dalle altre, senza sconti.

Esattamente quello che il presidente Commisso chiedeva in quella intervista. Commentando gli insulti a Koulibaly e le dichiarazioni ufficiali della Fiorentina («cacceremo i colpevoli»), ci schierammo al fianco del club viola scrivendo che «la dura presa di posizione della Fiorentina ha il merito di mettere nero su bianco, una volta per tutte, che al Franchi non c’è più posto per chi continua a ritenere lo stadio un porto franco nel quale sfogare le proprie frustrazioni». Non solo: questo giornale ha sposato interamente il decalogo di Commisso per rilanciare il calcio italiano, sostenendolo con una campagna di pagine e pagine. E poi, a proposito di mistificazioni, sarebbe bello provare a passare oltre alla storia del «quotidiano dello stesso gruppo editoriale» che «apostrofava il nostro presidente come “mafioso”»: perché in effetti, fino a prova contraria, non esiste un solo articolo della Gazzetta dello Sport in cui Rocco Commisso venga «apostrofato» con questa parola. E per rispondere all’ultima affermazione: tranquilli, nessuna lezione è in arrivo dal sottoscritto, non mi permetterei mai. Anche perché lo stile non si insegna”. 

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